Ghermito, esonerato, rimpianto e poi riarruolato a furor di popolo: è la tumultuosa epopea di Attilio Tesser, vecchio e nuovo tecnico biancoverde subentrato all’uscente Dario Marcolin. Il cambio della guida tecnica è maturato, a sorpresa, dopo la débâcle casalinga (l’ennesima) contro il Trapani di Cosmi. Un pareggio, quattro sconfitte e un trend imbarazzante hanno indotto la società a tornare sui propri passi, a dispetto delle canoniche dichiarazioni del post gara.

La sfida contro i siciliani ha palesato le pecche di un allenatore impacciato ed inesperto, inadeguato sotto il profilo tattico e caratteriale; impreparato, per giunta, a lenire i dissapori di uno spogliatoio sgangherato come pochi. Uno spogliatoio infestato da calciatori pavidi e ignavi, che hanno gettato la spugna inficiando irrimediabilmente quella che doveva essere l’annata della riscossa.

Più che le sconfitte seriali maturate, a dirla tutta, stupisce la dinamica dei risultati ottenuti nelle ultime apparizioni: sotto la gestione Marcolin, i Lupi, profondevano il massimo impegno (ad essere ottimisti) solo a partita compromessa (Pescara, Perugia, Trapani), in barba alle istanze della piazza, smaniosa di custodire una categoria conquistata col coltello tra i denti.

I più attenti sanno che Tesser era stato esonerato lo scorso marzo a cagione degli scarsi risultati ottenuti, in dissonanza rispetto agli obiettivi stagionali pianificati dalla società nella pre-season. Inaspettatamente lo stesso tecnico di Montebelluna, nel corso di una fugace intervista all’indomani dell’esonero, aveva rivelato che la richiesta del sodalizio fosse di una semplice salvezza e che l’ottenimento di 43 punti alla 32.ma giornata, unita alla valorizzazione di diverse pedine (Bastien, Biraschi, Insigne, Mokulu su tutti) fosse un bottino di tutto rispetto considerate le premesse. Un sillogismo che non fa una piega.

Taccone, che ai nastri di partenza aveva fissato l’obiettivo stagionale nei play off (o promozione diretta), pressato dalle domande dei cronisti, fino ad oggi ha sempre glissato qualunque tipo di mozione, confermando, di fatto, la veridicità della versione fornita dall’allenatore. Ora, paradossalmente, al mister è stato invocato il raggiungimento della stessa salvezza definita “un fallimento” poche settimane fa da un presidente che si dimentica troppo spesso di esserlo.

A Tesser, onestà intellettuale a parte, va riconosciuto il merito di aver messo da parte rabbia e livore accettando un incarico scabroso e sfidando, di fatto, quello stesso spogliatoio che lo ha liquidato col cinismo di un boia. Adesso, al trainer Trevigiano, non resta che conquistare una salvezza che è la cruna di un ago, una montagna tetragona da scalare a piedi nudi tornante dopo tornante, con cinque partite in meno e con un solo punto in più rispetto ad un mese fa. Un quadro orripilante, in una cornice degna delle pellicole splatter di Dario Argento.

Non è il momento dei processi ma è impossibile non sottolineare l’inopportunità della scelta di ingaggiare un neofita come Marcolin che, nel corso della sua breve carriera, aveva collezionato più esoneri che vittorie. Se davvero la società avesse voluto dare una sterzata alla stagione, avrebbe dovuto confermare i pezzi migliori, senza badare ai proventi delle cessioni (o reinvestendoli sul mercato), rinsaldando la rosa in tutti i reparti. Come da copione il congedo tardivo di un allenatore come Tesser, in luogo di un “collega” meno capace, non ha prodotto alcun beneficio se non un ridimensionamento del valore dell’intero parco giocatori.

Il calcio è strano e le vie del Signore sono infinite. Nella fiumana di dubbi che assalgono l’Avellino la certezza è solo una e non fa una grinza: Peppo pe Peppo, mi tenevo a Peppo mio. La vendetta di Tesser è appena cominciata. Basterà?

 

di Maurizio de Ruggiero

 

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