Un calcio alla logica. Un attentato dinamitardo all’intelligenza. Un ulteriore  

 

tentativo di ammantare una misura repressiva sotto l’egida dell’antiviolenza: il divieto di introduzione nelle curve Italiane di strumenti sonori quali megafoni e tamburi, rappresenta l’ennesima cazzata liberticida targata “modern football”. Una cazzata manifestatamente scissa dalla tutela dell’ordine pubblico ed in totale contrasto con le istanze dei tifosi, sempre più disamorati da uno sport adulterato da continui artifizi controproducenti.

IL FATTO - A cagione dell’intensificarsi in Europa di attentati da parte di gruppi terroristici, sono state emanate delle direttive da parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, incaricato di gestire la tutela dell’ordine e l’incolumità per conto del Ministero dell’Interno. Tra i punti all’ordine del giorno, l’implementazione dei prefiltraggi, controlli più approfonditi ai varchi d’ingresso degli impianti sportivi e giro di vite contro l’impiego e detenzione di amplificatori audio ed affini.

IN GERMANIA - Mentre in ogni angolo recondito del vecchio continente si lavora affinché cadano le barriere e non ci siano intralci tra il campo da gioco e gli spalti, in Italia nascono i veti, le lottizzazioni, le ordinanze. Senza contare che nella vicina Germania, ove gli stadi traboccano di birra e spettatori più di ogni altro luogo, i posti in piedi sono un vero e proprio marchio di fabbrica e fanno parte della cultura calcistico-popolare del paese. I prezzi sono modesti (11 Euro a partita i prezzi medi per gli abbonati) e i supporters godono della più totale libertà di espressione nell’ esposizione di qualsiasi genere di striscione e nell'utilizzo di megafoni e sirene a prescindere dai decibel.

                             

LEGGI ASSURDE - Difficile comprendere l’attinenza tra il divieto all’utilizzo di un megafono (mezzo fondamentale ai fini del coinvolgimento corale dei tifosi) e la strage del Bataclan o tra il suono festoso di un tamburo (utile solo a ritmare i cori e nulla più) ed il boato delle bombe al cloro di Damasco. A questo punto c’è da chiedersi cosa c’entrino gli ultras con il terrorismo. E soprattutto cosa si crede di risolvere inibendo il godimento di oggetti inoffensivi che non hanno mai provocato alcun danno alla collettività. Avete mai visto un Mujaheddin armato di sciarpe e bandiere variopinte aggirarsi per le montagne di Tora Bora?

Ironia a parte se le curve sono infestate dai delinquenti, siamo i primi a ritenere che debbano essere allontanati senza remore; ma non è socialmente giusto criminalizzare semplici appassionati, desiderosi soltanto di incitare i propri beniamini attraverso l’utilizzo dei tipici arnesi curvaioli quali megafoni e tamburi. Anzitutto se pensiamo ai reati che ogni giorno restano impuniti e declassati quali fattispecie “bagattellari”.

Il calcio del bel paese è sempre più lontano dalle esigenze dei supporters, fagocitati da una spirale formalista tanto bizzarra quanto ineluttabile. Il tifoso, combattuto dall’atavico dualismo buonsenso-passione pallonara è costretto a scegliere tra il tepore della poltrona di casa e le annose lungaggini all’italiana. Con la logica conseguenza di preferire la comodità del televisore al brivido dei gradoni.

A nostro avviso le curve dovrebbero assumere di nuovo la dimensione di spazi sociali, contenitori coagulanti dove le persone alimentano una fede, diventano comunità, rappresentano i colori. In questi luoghi si crea identità̀, si solennizzano i trionfi e si pian­gono le sconfitte. In questi luo­ghi entra in scena il calcio. Se il proibizionismo ha spesso portato a effetti collaterali devastanti, l’idiozia dei burocrati italiani ha portato al triste fenomeno della desertificazione degli stadi. L’unico attentato da sventare, al momento, sarebbe proprio questo.

 

 di Maurizio de Ruggiero

Twitter: @mauderuggiero

 

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